La fotografia oggi e il rapporto con De André, intervista a Guido Harari
by 23 Dicembre 2022INTERVISTA AL FOTOGRAFO GUIDO HARARI
ll 17 e 18 dicembre abbiamo avuto la possibilità di partecipare all’evento Bazart, un’interessantissima mostra di estrosi artigiani e artisti salentini, tenutosi all’affascinante Castello Volante di Corigliano d’Otranto.
Tra le tante personalità intervenute ai nostri microfoni, abbiamo avuto il grande onore di intervistare il maestro Guido Harari, storico fotografo di alcuni totem della musica nostrana e internazionale come De André, Gianna Nannini, Paul Mccartney e Lou Reed.
Di seguito l’intervista completa.
“A Bazart hai presentato una raccolta fotografica dello storico cantautore genovese De André. Come è iniziato il vostro rapporto? Puoi raccontarci qualche suo aneddoto?”
“Il rapporto è cominciato nel ’79 in occasione della sua tournée con la PFM che sarebbe poi diventato un album dal vivo, e fui invitato come fotografo ufficiale dell’evento. Realizzai un reportage di tutto l’evento e lui rimase molto colpito dal mio lavoro e da alcune foto in particolare, come per esempio quella in cui era addormentato su di un termosifone, si vedeva colto nella sua vulnerabilità. Da lì è nato un rapporto che si è poi sviluppato nell’arco di vent’anni.”
“Parlaci dei tuoi primi passi nel mondo della fotografia”
“Parliamo degli anni ’60, un periodo fantastico soprattutto per la musica. Avevo dodici anni e in quel periodo si esibirono i Beatles a Milano, per le strade attirò la mia attenzione un manifesto dei Rokes, una band all’epoca di gran successo, e decisi di intervistarli ad un loro concerto. Immaginatevi un dodicenne che si presenta davanti a un gruppo primo nelle classifiche italiane e che chiede un’intervista, loro comunque accettarono. In quei tempi non contava tanto la professionalità, quanto la passione di chi cercava di avvicinarsi ai musicisti. Non esistevano guardie del corpo, non esistevano manager, né tanto meno agenti discografici che oggi invece sono onnipresenti, quindi comunicare e farsi conoscere dagli artisti era molto meno complesso. Poteva capitare di star simpatico a uno di loro e potersi ritrovare a viaggiare in tour con band di ogni tipo, un po’ come nel film Almost Famous, a me è andata così. Iniziai così a fotografare, era una delle mie grandi passioni.”
Il rapporto tra fotografo e artista e il mondo della musica in generale oggi è profondamente diverso rispetto all’epoca, quali sono per te le differenze principali?
“L’industria della musica si è resa conto del potenziale commerciale di alcuni musicisti e questo settore è diventato un prodotto da marketing, soprattutto dal punto di vista della promozione dei dischi. Negli anni ‘70/80 sono nati i videoclip e subito dopo il mondo della moda si è buttato a pesce sugli artisti. Esempi come Spandau Ballet, Duran Duran o Madonna e brand come Gucci hanno segnato la trasformazione della musica nei decenni. I fotografi sono stati una figura importantissima in questo cambiamento perché garantivano una viabilità tra l’artista e il pubblico. Piano piano il ritratto è diventato “di regime” e di confezione e si è perso il contatto con la vita reale. Oggi essenzialmente i fotografi sono molto meno necessari, sono più rilevanti le foto dei fan coi cellulari perché sono dentro l’azione per tutta la durata del concerto.”
Oggi con dispositivi abbastanza accessibili è possibile scattare buone foto anche senza particolari competenze, cosa contraddistingue un buon fotografo da chi non è un esperto?
“I fotografi musicali dei grandi miti come Hendrix o i Beatles non erano necessariamente dei professionisti, molto spesso erano amici dei musicisti con la passione per la fotografia, ma avevano un valore particolare: erano dentro l’esperienza. L’importante per una buona foto non è un estetica o un linguaggio formale impeccabile, ma cogliere l’essenza.”
Hai lavorato con donne di grande personalità come Elisa, Gianna Nannini e Loredana Bertè, ci parli di loro?
“Per quanto riguarda Elisa ci siamo conosciute agli inizi della sua carriera. Ricordo quando eravamo insieme a Londra per il suo primo album e abbiamo colto dei momenti autentici e vivaci, con Gianna Nannini siamo amici da tanto tempo, ha sempre amato giocare con l’immagine in modo “disimpegnato”. Loredana invece è esplosiva, provocatoria, padrona della propria immagine. La foto a Milano nell’ ’83? Aveva questa parrucca blu particolarissima, ma la foto fu cassata dalla casa discografica perché troppo eccentrica.”
Un’artista che vorresti fotografare o che “ti è scappato”?
“C’è da dire che molti mi son scappati perché ne stavo fotografando altri. Alcune volte non ci si rende conto che alcune vite possono finire prematuramente, come quella di Amy Winehouse. E’ un’artista che apprezzavo molto nell’ultimo periodo, era ingovernabile. Poi per questioni anagrafiche non sono riuscito a fotografare Hendrix dato che è morto prima che iniziasse la mia carriera professionale.”
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