
Rolling Stones e la psichedelia
by 18 Aprile 2023Quando i Rolling Stones, band dalle forti radici blues e rhythm and blues, incontrano la psichedelia non c’è da stupirsi, soprattutto se siamo nel 1967, un anno molto particolare.

Fu l’inizio della Summer of Love e del movimento hippy, grande era il senso di solidarietà e di fratellanza universale.
Ci fu il leggendario Monterey Pop Festival, nel caotico frastuono degli strumenti distrutti dagli Who e della chitarra infuocata di Hendrix.
Dal punto di vista della produzione musicale fu un anno altrettanto prolifico.
I Pink Floyd esordirono con The Piper at The Gates of Dawn, i Doors con l’omonimo album, i Velvet Underground con The Velvet Underground & Nico, The Jimi Hendrix Experience con Are you experienced e i Beatles lanciarono quel grande capolavoro di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band.
Da un lato il debutto di artisti molto innovativi, dall’altro l’apice della creatività di musicisti già affermati come i Beatles.
I Rolling Stones contribuirono a questa ondata con uno degli album più sottovalutati nella loro carriera: Their Satanic Majesties Request.
In questo articolo parleremo proprio di questo disco particolare, stroncato dalla critica in quanto “scopiazzatura” di Sgt. Pepper, ma poi rivalutato nei decenni successivi.
Il titolo del disco, piuttosto controverso, è una storpiatura di Her Britannic Majesty Requests, testo presente all’interno dei passaporti britannici.
Gli Stones sapevano essere trasgressivi anche nella scelta dei titoli da dare ai loro prodotti, un senso di trasgressione che sopravvive tuttora in questa mitica band.

Meno trasgressivo è il contenuto di questo album, che vede gli Stones uniformarsi al genere più in voga in quell’anno, ossia la musica psichedelica.
Ma il loro approccio a questo nuovo genere musicale è straordinariamente originale e, nonostante sonorità e strumenti del tutto insolite nella loro musica, risente ancora di quell’impatto ritmico e blueseggiante che ha caratterizzato da sempre il loro sound.
Ne sono un esempio le frasi blues al pianoforte in pezzi come In Another Land e The Lantern, i potenti riff di chitarra in Citadel e 2000 Light Years From Home.
Caratteristiche che ritroveremo in maniera intensa nel loro album Beggars Banquet, pubblicato l’anno successivo, che segnò un ritorno alle radici blues.
Ma questa è tutta un’altra storia.
Nel ’67 gli Stones erano pienamente consapevoli della grande ondata psichedelica nella musica e non intendevano di certo perdere l’occasione.
Ritmi orientali, strumenti esotici, melodie e armonie ipnotiche, sonorità barocche, libere improvvisazioni sono elementi caratterizzanti la psichedelia musicale.
In questo disco spaziale tali elementi non mancano, ma le influenze primordiali del blues non vengono tradite, soprattutto se si parla degli Stones.
L’album venne pubblicato nel dicembre del ’67, l’ultimo mese di un anno incredibilmente psichedelico.
Ascoltandolo si ha davvero la sensazione di compiere un viaggio mentale al di là di ogni percezione spazio-temporale, sembra di essere 2000 anni luce da casa (come recita il titolo di un brano dell’album).
Gli Stones ci invitano anche alla partecipazione e all’apertura delle nostre menti, in quel genuino senso di comunità della Summer of Love.
E ce lo dicono all’inizio del disco, nel ritornello di Sing This All Together:
“Why don’t we sing this song all together
Oper our heads let the pictures come”
I Beatles, nella title track di Sgt. Pepper, sperano che il loro show possa essere gradito (“We hope you will enjoy the show”); i Rolling Stones invece ce lo dicono diversamente, vogliono che cantiamo tutti insieme, nel nome della fratellanza universale.
– Danny Santoro
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